Premessa.

Le nozioni di interesse e vantaggio, in qualità di criteri oggettivi di imputazione della responsabilità, rappresentano i perni attorno ai quali è costruita la disciplina del D. lgs. 231/2001, che ha introdotto la  responsabilità amministrativa delle persone giuridiche. 

Storicamente, l’esatta perimetrazione di questi criteri oggettivi è stata oggetto di diverse disquisizioni, portate dall’ambito dottrinale al vaglio della giurisprudenza della Corte di Cassazione. 

Questione caldissima era quella che riguardava la compatibilità di tali criteri con i reati colposi (di evento), all’indomani dell’implementazione del catalogo dei reati di cui al D.lgs. 231/2001 con i delitti di omicidio e lesioni personali aggravate. 

Recentemente la giurisprudenza nomofilattica si è espressa in merito all’atteggiarsi dei criteri di imputazione nell’ambito dei reati ambientali così come novellati dall’organica riforma del 2015, ribadendo cosa debba intendersi per interesse e vantaggio ai fini di una “responsabilità ambientale” dell’impresa. 

 

L’interesse e il vantaggio nel sistema del D.lgs. 231/2001 

L’art. 5 del d.lgs. dispone, infatti, che “L’ente è responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio”. 

Sin da subito non vi è stata concordia di opinioni in ordine all’esatto significato da attribuire ai due concetti, venendosi a contrapporre così due tesi. 

La prima, c.d. monista, ritiene che l’unico criterio sia quello dell’interesse, relegando il vantaggio ad una mera valenza processuale: quest’ultimo servirebbe solo a fornire la prova di un effettivo interesse ex ante dell’ente e quindi l’attribuibilità a questo del reato. 

Prevalente è, invece, l’opposta tesi dualistica ancorata all’insuperabile dato letterale dell’utilizzo della disgiuntiva “o” in luogo della congiunzione “e”. 

La giurisprudenza di merito è venuta a delineare la differenziazione tra i due concetti: l’interesse rappresenterebbe la prospettiva di una finalità perseguita e non per forza realizzata, diversamente il vantaggio atterrebbe alla verifica sull’effettivo conseguimento di tali benefici da parte dell’ente a seguito della condotta posta in essere dalla persona fisica che ha agito nel suo interesse. 

Tanto premesso, la questione si è spostata sull’individuazione dell’esatta portata dei criteri dell’interesse e del vantaggio. 

Sotto il primo profilo, si è discusso sul se l’interesse vada inteso in senso soggettivo,  attinente alla sfera psicologica dell’agente, o invece in senso oggettivo, come atteggiamento volitivo teso a perseguire un interesse dell’ente. 

Quanto al vantaggio, invece, mentre taluni sostengono che non vada ristretto il senso al solo valore economico, dall’altro si pone l’accento sulla ratio della disciplina che nasce proprio per evitare il perseguimento di un profitto in capo agli enti attraverso una condotta delittuosa. 

 

La compatibilità coi reati colposi

Queste acquisizioni hanno permesso di affrontare e risolvere l’ulteriore questione della compatibilità col sistema di responsabilità degli enti dei reati di omicidio e lesioni colpose per violazione della normativa sulla sicurezza sul lavoro. 

Come noto, la classe di reati per i quali un ente può essere ritenuto responsabile è quella tassativamente indicata nel catalogo dei reati presupposto contenuto nello stesso d.lgs 231/2001 e che è venuto nel corso del tempo ad implementarsi. 

Nel 2007 il legislatore ha introdotto, all’art. 25-septies, i reati di omicidio e lesioni personali aggravate, inaugurando la stagione delle disquisizioni in ordine alla compatibilità tra i criteri di imputazione oggettiva e i reati colposi sì, ma di evento. 

Mentre infatti nessun problema si poneva riguardo i reati colposi di mera condotta che, consistendo nella violazione di regole cautelari ben possono comportare un risparmio di spesa per l’ente, nei reati colposi di evento, la sua realizzazione può avere conseguenze negative per l’ente in termini di costi economici. 

Inoltre, per quelli che avvalorano l’accezione soggettiva del criterio dell’interesse, risulterebbe contraddittorio considerare un fatto non voluto per definizione, perché colposo, posto in essere per il perseguimento dell’interesse della persona giuridica. 

E mentre la dottrina ha costantemente affermato l’incompatibilità tra i criteri di imputazione oggettiva e i reati colposi, la scelta legislativa ha imposto di ripensare le relazioni con i criteri di imputazione soggettiva. 

La giurisprudenza di merito ha affermato la compatibilità di tali criteri con i delitti colposi di evento facendo leva sull’alternatività dei due criteri dell’interesse e del vantaggio, stabilendo come l’accertamento dovesse essere condotto non in relazione all’evento dannoso, ma alla condotta colposa che lo ha determinato. 

In questo modo si riconduce ad unità il sistema e si rende effettiva l’operatività della responsabilità degli enti anche in relazione ai delitti colposi di evento, evitando il vanificarsi della scelta legislativa di punire la criminalità d’impresa a tutto tondo.  

 

Conclusioni

Questa impostazione è stata di recente confermata dalla Corte di Cassazione in materia responsabilità degli enti ai sensi del D.lgs. 231/2001 e reati colposi ambientali.  

In particolare, nella pronuncia n. 3157/2020, si è ribadito che i criteri dell’interesse e del vantaggio ben possono adattarsi anche ai reati ambientali colposi che, essendo strutturati come reati di mera condotta, vedranno l’interesse e il vantaggio individuati sia nel risparmio  economico determinato dalla mancata adozione di impianti e dispositivi idonei a prevenire il superamento dei limiti tabellari, sia nell’eliminazione di tempi di manutenzione e gestione di tali impianti, sottratti all’attività produttiva. 

Pertanto, sotto il profilo pratico, perché un modello possa dirsi adeguato in una valutazione ex post appare necessario che anche per quello che riguarda i reati ambientali vengano adottati protocolli specifici simili a quelli previsti in materia di sicurezza sul lavoro idonei a rendere efficace la logica prevenzionistica nella quale il Modello si muove. 

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