
Le imprese non pagano i dipendenti: il reato di autoriciclaggio
26 Giugno 2018
Il raggiungimento di un successo all’interno di un’azienda, è possibile qualora si riesca ad instaurare nel contesto lavorativo un rapporto di serenità e rispetto.
Valorizzare i propri dipendenti è fondamentale, specialmente per ottenere risultati di qualità. Il datore di lavoro ha compiti molto importanti, tra cui certamente quello di costruire un gruppo di lavoro coeso e organizzato, valorizzato ogni qual volta si presenti la possibilità.
Il mancato rispetto dei lavoratori comporta molto spesso la creazione di un ambiente di lavoro ostile e controproducente. Le conseguenze, di diversa entità e gravità, possono sfociare anche nel mondo penale.
La sentenza 25979/2018
Dopo aver evidenziato l’importanza dei dipendenti all’interno del mondo lavorativo, è possibile analizzare il caso che ha coinvolto la Corte di Cassazione, con la sentenza 25979/2018. È stato condannato il comportamento controproducente di un imprenditore, che ha costretto i lavoratori ad accettare buste paga più “leggere” rispetto a quelle concordate da contratto, imponendo inoltre di lavorare un numero di ore superiore a quello stabilito, commettendo così due reati: estorsione e autoriciclaggio.
Nel caso analizzato a dover rispondere è proprio la società in questione, in seguito alla violazione del Decreto 231/2001. È stato quindi contestato ai vertici della S.r.l non solo di non aver pagato in modo opportuno i propri dipendenti, ma anche di aver investito il denaro illecito, ottenuto in seguito ad un’estorsione continuata.
La violazione del D. Lgs 231/01 e la responsabilità dell’ente
La responsabilità amministrativa dell’ente coinvolto è chiara, considerando che si era instaurato all’interno del contesto lavorativo una specie di circuito, per cui solamente una nicchia privilegiata di persone poteva usufruire di benefici e provvigioni.
I giudici, per quanto riguarda il caso in esame, hanno definito che l’imprenditore e la società devono rispondere alla commissione del reato e hanno imposto il sequestro finalizzato alla confisca a carico dei vertici della S.r.l.
Si sono mostrate inutili le affermazioni della difesa, la quale aveva inizialmente contestato l’accusa del reato di autoriciclaggio. In seguito alle indagini, però, è emerso il mancato versamento delle quattordicesime, assenza di liquidità e importi dichiarati, indirizzati ai lavoratori ma non versati effettivamente sui loro conti.
È opportuno ricordare che dal primo gennaio 2015 è in vigore la disposizione che punisce la condotta di riciclaggio posta in essere dallo stesso soggetto che ha commesso o contribuito a commettere il reato di dal quale derivano i provenienti illeciti. Per questo è stato necessario l’inserimento dell’articolo 648-ter1 nel codice penale, che prevede l’applicazione in diversi campi.
- Si applica la pena della reclusione da due a otto anni e della multa da euro 5.000 a euro 25.000 a chiunque, avendo commesso o concorso a commettere un delitto non colposo, impiega, sostituisce, trasferisce, in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente l´identificazione della loro provenienza delittuosa.
- Si applica la pena della reclusione da uno a quattro anni e della multa da euro 2.500 a euro 12.500 se il denaro, i beni o le altre utilità provengono dalla commissione di un delitto non colposo punito con la reclusione inferiore nel massimo a cinque anni.
- Si applicano comunque le pene previste dal primo comma se il denaro, i beni o le altre utilità provengono da un delitto commesso con le condizioni o le finalità di cui all´articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, e successive modificazioni.
L’importanza del Modello Organizzativo
In seguito al caso analizzato, grazie alla sentenza 25979/2018, risulta indispensabile l’adozione da parte degli Enti di idonei Modelli Organizzativi che possano prevenire la violazione del D.Lgs 231/01.
L’adeguamento deve riguardare tutto il modello organizzativo ed i vari documenti ad esso connessi. È opportuno effettuare in partenza un’analisi dei rischi e le possibili conseguenze a cui si può incorrere con la commissione di un reato. È necessario quindi partire da un’attività di risk management.
Nel caso in esame, risultava necessario individuare in concreto le molteplici fonti da cui si poteva ottenere denaro illecito e minimizzarne il rischio, partendo dall’identificazione delle aree più esposte alla commissione del reato fino all’adeguamento dei protocolli e di tutti i documenti del modello (ad es. codice etico, sistema disciplinare).
I Modelli di Organizzazione e Gestione dovranno individuare soluzioni di contrasto anche per reati commessi prima della data di introduzione del reato (1 Gennaio 2015) ma i cui profitti siano riciclati successivamente.